venerdì 29 aprile 2011

Prodotti agroalimentari con marchi di qualità


Da parecchi anni alcuni prodotti alimentari vengono ad essere etichettati con dei marchi che ne autenticano e garantiscono qualità e tipologia di produzione.
Il grosso problema è che l'Unione Europea a mio parere non ha mai informato il consumatore sulle reali qualità che ogni marchio racchiude in sé. Questa mancanza porta a una generalizzazione di tutte queste etichettature che non garantisce al produttore un adeguato compenso agli sforzi profusi per avere e mantenere determinate marchiature.
Attualmente nella realtà agroalimentare sono presenti i marchi: DOP, IGP, STG, PAT, DOC, DOCG, IGT, BIOLOGICO. Vediamo singolarmente cosa significano:
DOP (Denominazioni di Origine Protetta): sta ad indicare un qualsiasi alimento che ha delle caratteristiche uniche derivanti dalla zona di produzione (quindi dall'ambiente in un determinato territorio) e dalla metodologia utilizzata per la sua produzione (tradizionale specifica per quell'alimento). Chiaramente un prodotto così ottenuto obbliga il produttore ad avere tutta la filiera produttiva all'interno di quel determinato territorio.
IGP (Indicazione Geografica Protetta): il prodotto in questo caso ha la peculiarità che almeno una determinata caratteristica (qualità, nomea) dipende da una particolare area e la cui produzione o trasformazione o elaborazione avvengono in un determinato territorio. Quindi un prodotto con questa etichettatura dovrà attenersi alle normative produttive stabilite dal disciplinare di produzione e almeno una fase della filiera avvenga nella zona caratteristica dell'alimento. Il problema in questo caso è la provenienza della materia prima che spesso non centra nulla col territorio identificativo del prodotto finale. Uno dei casi che maggiormente colpisce è quello della bresaola della Valtellina IGP dove la carne deriva per il 99% da zebù brasiliano oppure  da bovini francesi, polacchi, irlandesi. 
STG (Specialità Tradizionale Garantita): alimento prodotto con metodologie particolari legate ad una certa zona ma che non vengono necessariamente prodotte in quella zona. Un alimento di questo tipo può venire così prodotto ovunque e partendo da materie prime provenienti da tutto il Mondo.
PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali): sono i prodotti italiani inclusi in un apposito elenco creato dal Ministero dell agricole, alimentari e forestali con la collaborazione delle regioni. Molti alimenti italiani infatti venivano/vengono prodotti in condizioni igieniche che non possono superare le norme istituite dall'UE. Queste norme avrebbero potuto far scomparire molti prodotti che peró sono alla base di molte tradizioni locali. Dopo una lunga schermaglia tra UE e alcuni Paesi membri (in particolare Italia e Grecia) si è appunto raggiunto l'accordo di concedere la produzione di alimenti prodotti con metodologie tradizionali. Questi prodotti non possono peró avere nella loro denominazione il luogo di produzione per non venir confusi con i marchi DOP e IGP anche se spesso gli alimenti marchiati PAT vengono prodotti in una determinata zona per tutta la filiera e quindi sono paragonabili a dei DOP (in alcuni casi i prodotti vengono classificati PAT in attesa della certificazione DOP) e quindi "superiori" agli IGP.


DOC (denominazione d'Origine Controllata): Riconoscimento a vini prodotti in zone di limitata ampiezza e recanti il loro nome geografico. Questi vini  sono ammessi al consumo solo dopo accurate analisi chimiche e sensoriali.
DOCG (denominazione d'Origine Controllata e Garantita): Riconoscimento di particolare pregio concesso a dei vini DOC che hanno una certa notorietà a livello nazionale e internazionale. Questi vini sono sottoposti a controlli ancora piú severi rispetto ai DOC, devono essere commercializzati in recipienti di capacità inferiore ai 5 litri e portare il contrassegno dello Stato che dia le garanzie di origine e di qualità e che consenta la numerazione progressiva di ogni bottiglia. Per questo tipo di vino è obbligatorio l'imbottigliamento nella zona di produzione.
IGT (Identificazione Geografica Tipica): Riconoscimento dato a dei vini da tavola caratterizzati da aree di produzione ampie e dal disciplinare poco restrittivo. In questo caso i produttori non sono obbligati ad apporre il nome del vitigno di provenienza.

L'attuale situazione italiana dei vini puó essere evidenziata dalla seguente figura:

A differenza di tutti gli altri marchi, l'etichettatura BIOLOGICO
é probabilmente la piú intuibile (fortunatamente). Affinché possa essere data questo tipo di marchiatura gli alimenti devono essere prodotti in terreni "puliti" (assenza di prodotti chimici) e utilizzare concimi e diserbanti naturali. I disciplinari per questi tipi di prodotti sono molto rigidi e i controlli abbastanza frequenti ed accurati. L'associazione del marchio "agricoltura biologica" con uno dei precedenti (soprattutto DOP e DOC) puó essere considerata una certezza di qualità da parte dell'acquirente.

L'ottenimento di un marchio non è facile e soprattutto costoso (chiaramente piú la marchiatura richiesta è  "importante" e piú i costi si alzano e i tempi si allungano per ottenerla). Chiaramente tutti questi costi aggiuntivi vanno a gravare sulle spalle dei consumatori che peró per certe tipologie di prodotto a mio avviso farebbero bene a valutarne l'acquisto. 
Comprare un prodotto DOP significa avere un bene prodotto completamente in una determinata zona con tutti i risvolti positivi a questo connesso (tradizione, lavoro, storia).
Comprare un prodotto biologico invece è sinonimo di rispetto verso l'ambiente e comunque la qualità a livello anche solo gustativo è impareggiabile con gli altri prodotti. Molto spesso la gente si fa impressionare dall'aspetto che chiaramente con concimi, fertilizzanti, anticrittogamici, antiparassitari di sintesi possono arrivare ad avere gli alimenti prodotti da agricoltura non di tipo biologica.
E' anche vero che spesso sul prodotto biologico viene fatta una speculazione peró l'acquirente dovrebbe pensare alle positività apportate da un certo tipo di agricoltura e ampliare questo mercato significherebbe renderlo sempre meno di  nicchia e permetterebbe ai prezzi di questa tipologia di alimenti di scendere notevolmente.



sabato 23 aprile 2011

Buona Pasqua!!

Un augurio di una serena Pasqua a tutti!!

Non dimentichiamoci mai però del significato della festività e non soffermiamoci solo a quello che ci sta vicino...sfortunatamente guerre, cattiveria, odio lo possiamo riscontrare ancora contro simili, animali, ambiente...

venerdì 22 aprile 2011

Le intolleranze e allergie alimentari

Come sta accadendo per le allergie stagionali (vedi allergie da polline) anche quelle alimentari sono in continuo aumento.
Nel caso di quelle alimentari bisogna fare la distinzione tra intolleranze e allergie.
Le intolleranze alimentari o ipersensibilità non producono shock anafilattico e in molti casi non rispondono ai normali test allergici cutanei infatti spesso non sono direttamente collegati all’assunzione dell’alimento ma dall’impossibilità di digerire un dato elemento a causa di difetti metabolici.
Le allergie alimentari producono shock anafilattico e sono direttamente causati dalla presenza di un determinato allergene (proteina presente nel cibo che provoca la reazione). Infatti in presenza di un particolare allergene (che nelle persone non allergiche viene riconosciuto come elemento non pericoloso) si attiva il sistema immunitario che innesca una serie di reazioni tra cui la produzione  di anticorpi. Gli anticorpi rilasciano una serie di sostanze chimiche, come l’istamina (ammina biogena ad azione vasoattiva), che determinano le così dette reazioni allergiche: tosse, gonfiori, rossori, pruriti, ecc. Le allergie alimentari sono solitamente ereditarie e vengono solitamente diagnosticate durante i primi anni di vita.
Mentre per le allergie poco si può fare, per le intolleranze alimentari qualche accorgimento si potrebbe prendere per prevenire il problema. Gli starter più frequenti sono:
·        Introduzione nel lattante troppo anticipata di latte vaccino e dei suoi derivati
·        L’uso di antibiotici
·        Infezioni virali o batteriche a carico dell’intestino
·        Infezioni parassite intestinali
·        Stress emotivi
Tra gli alimenti quelli che creano solitamente più problemi sono:

  1. Ricchi di istamina: pesce in scatola, alcuni formaggi (in particolare quelli molto stagionati e fermentati), birra, spinaci
  2. Istamino-liberatori: fragole, ananas, uova (albume), cioccolato
  3. Cibi che frequentemente creano intolleranze: frumento, latte vaccino e suoi derivati, kiwi, pesche, uova, frutta secca (in particolare nocciole)
Di questi problemi molte persone hanno sempre dovuto soffrire però negli ultimi decenni il problema si è aggravato notevolmente.
In occasione del Food Allergy and Anaphylaxis Meeting dell'European Academy of Allergy and Clinical Immunology (EAACI) appena conclusosi a Venezia si sono diffusi i numeri delle persone intolleranti in Europa: 17 milioni di cui 3,5 milioni al di sotto dei 25 anni con trend in continuo aumento.
Le cause non sono ancora state definite esattamente in maniera scientifica ma i cambiamenti nutrizionali e i fattori ambientali sembrerebbero essere i principali fautori di questa situazione.
Tra le cause non possiamo però non evidenziare la bassissima esposizione a fattori batterici che riduce la possibilità del nostro corpo di creare un sistema immunitario efficiente e la presenza di fumo anch’esso in grado di influenzare il corretto funzionamento del sistema immunitario.
Questo vuol dire che cercare di preservare l’ambiente non porterebbe solo la preservazione di  specie ma anche migliorare la situazione salutare.

martedì 19 aprile 2011

che idea ha il governo italiano a proposito del petrolio?


Qualche giorno fa il governo italiano ha approvato le trivellazioni vicino alle coste pugliesi. A questo punto ci si chiede cosa intendano fare a livello ambientale visto che continuano a portare avanti progetti a enorme impatto ambientale. 
Il ministro dell'ambiente Stefania Prestigiacomo cerca di spiegare la decisione presa dal governo affermando che il via libera è stato dato in conformità all'art.3 del Decreto Legislativo 29 giugno 2010 n. 128. Questo vorrebbe dire avere utilizzato una normativa che risulta la più restrittiva in Europa e forse nel Mondo ponendo come distanza minima 5 miglia (circa 8 Km) dalle coste e 12 miglia (circa 19 Km) dal limite esterno delle zone protette. 
Delle volte però mi pare che le persone abbiano una memoria troppo corta, infatti solo un anno fa (per essere precisi domani sarà passato l'anno 20/4/2010!) esplodeva la piattaforma petrolifera Deepwater Horizon con il riversamento nel golfo del Messico di circa 5.000.000 barili di greggio, cioè il disastro ambientale più grande della storia statunitense. Da far notare però che questo non è stato un caso isolato ma potremmo elencare altri episodi quali ad esempio quelli in Cina , Porto Torres o i maggiori disastri petroliferi della storia che in alcuni casi sono stati minimizzati ma con effetti catastrofici per gli habitat.
Una grande mobilitazione era già stata attuata l'anno scorso alle isole Tremiti dove si era paventato lo stesso tipo di discorso e oggi siamo di nuovo ai ferri corti tra governo e istituzioni locali.
In particolare il sindaco di Foggia Gianni Mongelli esprime sconcerto per la scelta presa visto che la popolazione ha detto chiaramente di non condividere e i lavori di trivellazione concessi metterebbero a forte rischio i grossi sforzi fatti fino a questo momento per progettare e sviluppare un'economia basata proprio sull'ambiente e il mare.
Speriamo che anche questa volta si riesca a far fare dietro front al governo e speriamo che prima o poi si decida ad utilizzare grosse risorse finanziare per la ricerca e lo sviluppo di fonti energetiche pulite anche a discapito degli interessi economici...

giovedì 14 aprile 2011

allergie da polline

Visto il periodo mi pare opportuno parlare delle allergie ed in particolare di quelle stagionali.
Il dato certo è che al momento il numero di persone allergiche è in costante aumento.
La causa di questo incremento è stato spesso additato all’inquinamento ambientale e questo soprattutto perché una statistica sui bambini ha evidenziato che quelli dei Paesi industrializzati si può arrivare al 40% di allergici mentre in Paesi non industrializzati la percentuale si ferma al 10.
Chiaramente questo dato è inequivocabile, l’inquinamento incide su queste forme patologiche ma secondo degli studi svolti e diramati durante la terza giornata del bambino allergico, la causa principale è la troppa igiene.
Questo sembrerebbe paradossale ma in realtà i batteri sono degli inibitori degli allergenici e quindi con l’aumento dell’igiene e la formazione di ambienti sempre più asettici, si ottiene una notevole diminuzione della carica batterica con conseguente aumento delle allergie.
Però anche l’inquinamento (anche se indirettamente) contribuisce, infatti una ricerca a livello europeo ha cercato di capire la causa dell’aumento nell’emissione di polline nelle città da parte di una ventina di piante  maggiormente responsabili delle allergie. Inizialmente s’era pensato che la causa fosse l’innalzamento delle temperature e ora invece si è ipotizzato che é l’aumento di CO2 a provocare questo effetto.
Questo idea è rafforzata dal fatto che il polline è aumentato nelle città e non all’esterno di esse, in parallelo all’aumento di CO2 causato dalle emissioni dei motori, scarichi industriali e riscaldamenti. I ricercatori suggeriscono anche che la minore durata delle particelle di ozono nelle città possano creare questa differenza con l’esterno.
Io credo che questi sintomi allergici siano un ulteriore segnale di come l’uomo spesso faccia le cose senza considerare le conseguenze o facendo sperimentazioni troppo frettolose. Questo può essere evidenziato anche dall’aumento delle intolleranze alimentari, di cui parleró nel prossimo post.


mercoledì 13 aprile 2011

Giappone: situazione gravissima



L'11 marzo 2011 avviene un fortissima scossa di terremoto di magnitudo 8.9 della scala Richter che provoca enormi danni anche a causa dello tsunami che viene a sprigionarsi. Le seguenti scosse di assestamento (se scosse di assestamento possono essere definite, visto che il magnitudo è di oltre 7 della scala Richter) che stanno continuando e ad oggi dopo oltre un mese dall'evento piú importante continuano a mettere in ansia la popolazione. 
Cosa ancor piú grave è che i recenti terremoti sono andati a colpire anche le 52 centrali nucleari sparse sul territorio giapponese. Fino a qualche giorno fa l'unica centrale che sembra avesse risentito dei terremoti era quella di Fukushima ma ad oggi anche la centrale di Onagawa.
Comunque la situazione peggiore è appunto Fukushima dove sin dall'inizio si era pensato a minimizzare il problema visto che, a sentire gli esperti, non c'é stata l'esplosione del reattore ma solo delle perdite. Chiaramente le continue scosse non stanno aiutando la situazione, anzi, le perdite registrate sono in continuo aumento e il livello di allarme è continuato a crescere fino a ieri 12 aprile 2011, quando il livello é stato portato al massimo (livello 7). Il livello di gravità degli eventi nucleari si basa su una scala chiamata INES (International Nuclear and radiological Event Scale) dove per i primi 3 livelli si fa riferimento a guasti e da 4 a 7 agli incidenti. Possiamo dire che é una scala di tipo logaritmica e quindi il passaggio da un livello al successivo corrisponde a un danno dieci volte superiore. Questo vuol dire che Fukushima dichiarata di livello 5 fino all'altro ieri e a oggi 7 viene valutata come danno 100 volte superiore rispetto a quello ipotizzato fino a qualche giorno fa. Se a questo mettiamo che il confronto con la centrale di Chernobyl (inizialmente nemmeno paventato) viene definito da ingegneri della stessa TEPCO (societá che gestisce le centrali nucleari in Giappone) forse peggiore del disastro Ukraino ci possiamo benissimo rendere conto della gravità. A questo punto si spera di trovare soluzioni rapide per riparare in qualche modo la situazione e che permettano di contenere il piú possibile i danni a livello ambientale.
A questo punto peró la domanda appare spontanea...é valsa la pena al Giappone rendersi indipendente energiticamente a rischio di catastrofi come questa??? 
Dopo Chernobyl si era cercato di minimizzare il problema nucleare dicendo che le centrali ukraine erano vecchie con organizzazione e controlli non all'altezza, e ora?
Le mie riflessioni sull'energia nucleare sono state già poste in un post precedente, ora speriamo solo che il popolo giapponese non venga "distrutto" da questa che potrebbe essere ricordata come una delle peggiori catastrofi dei nostri giorni e speriamo che si possa rivedere una Fukushima così...

lunedì 11 aprile 2011

Nucleare: soluzione o problema?


Con nucleare si intende qualsiasi forma energetica prodotta dalla trasformazione dei nuclei atomici.
Le reazioni che possono avvenire durante i processi nucleari sono: 
  • fissione
  • fusione 
  • decadimento radioattivo
La fissione è quella reazione sfruttata nelle attuali centrali nucleari durante la quale elementi con alto numero atomico (molto pesanti) in maniera indotta o naturale vanno a spezzare i nuclei creando elementi con massa totale inferiore e liberando molta energia. L'elemento più utilizzato a questo scopo è l'uranio che nelle centrali nucleari viene ad essere bombardato da neutroni (particelle subatomiche prive di carica) e questo permetterà la continua rottura e riduzione del nucleo dando luogo alla "reazione a catena nucleare".
L'uranio però non è il solo elemento utlilizzabile infatti in alternativa si possono prendere plutonio e torio.
La fusione è quella reazione che permette ai nuclei di atomi con numero atomico piccolo (es.idrogeno, deuterio, trizio) di fondersi creando un nucleo atomico più pesante e liberando una quantità grandissima di energia (molto maggiore rispetto a quella ottenuta dalla fissione). Tali reazioni sono innescate da temperature elevatissime (100.000.000°C) e quindi vengono chiamate reazioni termonucleari.
Questo processo nel sole avviene naturalmente e tramite la fusione di un nucleo di trizio con uno di deuterio si arriva a produrre elio.
Gli scienziati mondiali però non sono ancora riusciti a controllare una tale reazione e l'unico impiego per il momento trovato è quello della creazione di bombe atomiche come la bomba H.
Il decadimento radioattivo sono una serie di reazioni che coinvolgono i nuclei degli atomi instabili che tramite l'emissione di particelle subatomiche riescono ad entrare in una condizione più stabile (con minore massa ed emissione di radiazioni).

Detto ciò, si possono pensare di indicare pro e contro di una forma energetica che è di tipo primario (presente in natura) ma che la Comunità Europea ha indicato come non rinnovabile.
Per l'Italia la situazione è questa:
PRO: L'Italia potrebbe permettersi di distaccarsi per una grossa percentuale dall'energia e fonti energetiche provenienti dai Paesi esteri.
L'Italia possiede dei giacimenti di uranio propri anche se è difficile stabilire la quantità e soprattutto la convenienza per l'estrazione anche perchè affinchè l'attività di estrazione sia remunerativa la concentrazione minima di ossido di uranio U3O8 dev'essere tra lo 0,05% e 0,2%.
Attualmente gli standard di sicurezza (centrali di terza generazione) sono alti.
In questo momento l'Italia utilizza in stragrande maggioranza energia derivante da fonti fossili non rinnovabili che presto si esauriranno (qui le previsioni sono varie ma non si può attendere ancora senza fare nulla) e comunque rimangono una forma energetica molto inquinante. Il 19% dell'energia da noi utilizzata è invece proveniente da centrali nucleari di Paesi a noi limitrofi (soprattutto da Svizzera e Francia) e pensare di non sfruttare quest'energia per poi comprarla è un po' un controsenso.

CONTRO: Il primo grosso problema del nucleare sono le scorie (materiali residui ad alta radioattività) che praticamente sono delle pastiglie di materiale esaurito le quali devono venire sostituite.
Queste scorie in funzione della bassa o alta radioattività vengono attualmente stoccate rispettivamente in superficie o interrate. Chiaramente le scorie stoccate in superficie saranno custodite in aree protette e tra barriere ingegneristiche mentre le altre in bunker interrati schermati. Quindi si possono evidenziare i primi importanti problemi: l'identificazione dei siti per ubicare le centrali nucleari e per quelli per lo stoccaggio dei materiali residui. Mi vengono in mente le scene di protesta per le decisioni di assegnazione delle centrali di smaltimento rifiuti, ora immaginiamoci cosa accadrebbe per quelle nucleari... Anche esternazioni fatte da diversi presidenti regionali favorevoli al nucleare ma non sul proprio territorio non sono accettabili formigoni-zaia-e-palese-nucleare-si-ma-da-noi-no.
Per il problema delle scorie alcuni personaggi importanti hanno ipotizzato l'uso dello spazio come "discarica" e tra questi  l'astrofisica Margherita Hack. Però qui nasce sia un problema di tipo etico (l'uomo si è giá "permesso" di sfruttare la Terra in maniera selvaggia e indiscriminata e ora inizierebbe con lo spazio) che economico (i costi sarebbero esorbitanti e la forma energetica poi non risulterebbe più così valida economicamente).
Altro punto scottante (soprattutto dopo il disastro in Giappone) è la sicurezza. Attualmente stanno iniziando a essere costruite centrali di terza generazione che sono sì abbastanza sicure ma le certezze in questo campo non esistono; errori umani, attentati e eventi climatici straordinari chiaramente non sono all'ordine del giorno ma basterebbe una di queste situazioni per rovinare un intero Stato con ripercussioni di centinaia d'anni. Una centrale nucleare è una bomba impiantata sul territorio.
Senza essere "cattivo" verso il mio Paese, i soldi "facili" derivanti dallo stoccaggio delle scorie radiattive farebbero gola a troppe persone e non è solo un discorso di nord e sud visto che gravissimi episodi di inquinamento ambientale sono stati segnalati e denunciati. Alcuni esempi: Domodossola Pescara Cosenza

Io credo che l'idea di impiantare centrali atomiche in questo momento risulterebbe un grosso errore visto che è presumibile la salita del prezzo dell'uranio che fino a questo momento invece non è stato influente (visto il basso costo fino ad ora).
I soldi che si dovrebbero investire in una tecnologia che forse tra poco potrebbe già risultare vecchia potrebbero essere destinati nello studio di centrali di quarta generazione  o ancora meglio nel cercare di sviluppare la tecnologia della fusione nucleare.
Però il discorso nucleare non è l'unica soluzione al problema energetico. Da alcuni anni oramai si parla di energie pulite e rinnovabili e se a questo venisse aggiunto comportamenti di vita più risponsabili forse non porterebbe ancora all'indipendenza dall'energie fossili ma sicuramente il passo in avanti sarebbe notevole soprattutto se l'efficienze dovessero aumentare. Invece mi pare che gli investimenti verso queste tipologie di energie siano bassissimi e mal gestiti.

Un esempio di mal gestione è il pellet

cioè un materiale ricavato dalla segatura (quindi uno scarto della lavorazione del legname) che viene essicata e pressata a formare piccoli cilindretti (la struttura tiene grazie alla lignina che ha proprietà leganti) utilizzabili per il riscaldamento. Lo stesso inventore del pellet si è lamentato del fatto che il prezzo poco tempo dopo l'inizio della comercializzazione era salito troppo rispetto i costi di produzione e quindi si sarebbe messo a ricercare ulteriori fonti alternative.
Forse lo Stato farebbe bene a controllare e bloccare queste speculazioni che portare vantaggi a tutti (persone, Stato, ambiente) e non solo fare arricchire i produttori.

giovedì 7 aprile 2011

il buco dell'ozono


I primi scienziati che ne evidenziano il problema sono dei britannici nel 1985 e che pubblicano i loro studi fatti tra il 1977 e il 1984.
I dati si riferiscono alla presenza dell'ozono (O3) presente nella stratosfera.
La stratosfera è una della parti costituenti l'atmosfera (in ordine dalla più vicina alla Terra ci sono: troposfera, stratosfera, mesosfera, termosfera ed esosfera) e inizia a circa 15 Km dalla superficie terrestre (8 Km ai poli e 20 Km all'equatore) e termina ad un'altitudine di circa 50 Km.
La stratosfera è caratterizzata da un gradiente termico verticale che fa sì che la temperatura al suo interno aumenti con l'aumentare dell'altitudine. Questo aumento di temperatura è dovuto alla dissociazione delle molecole di ozono causato dai raggi ultravioletti  e oltre ad aumentare la temperatura fermano anche gli stessi raggi UV.
La radiazione ultravioletta ha una lunghezza d'onda inferiore alla luce visibile e può essere suddiviso in 3 categorie:
  • UV-A (400-315 nm): sono i meno dannosi per la salute umana anche se sono quelli che penetrano più in profondità rispetto agli altri 2 tipi di UV e quindi alterano le cellule che producono le fibre di collagene. Sono la quasi totalità dei raggi UV che raggiungono la superficie.
  • UV-B (315-280 nm): sono ritenuti una delle cause del cancro alla pelle. Il 95% di questi raggi è trattenuto dall'atmosfera.
  • UV-C (280-100 nm): sono gli UV più pericolosi per la salute umana e ampificherebbero i problemi riscontrati coi raggi UV-B ma questi vengono completamente assorbiti dall'atmosfera.
In particolare all'interno della stratosfera c'è una zona dove la quantità di O3 è più alta e questa è chiamata ozonosfera che è il "nostro" filtro ai raggi UV.
Dai dati degli scienziati si può notare come nella zona antartica ed in particolare durante la primavera australe (inizio a fine settembre) la quantità di ozono si riduce drasticamente per poi tornare a livelli normali nel giro di 1 mese. Col passare degli anni però il fenomeno si sta aggravando sempre di più allungando e il tempo di recupero della condizione normale è 3 mesi.
Il problema dell'antartide è che l'aria intorno ad essa gira modello vortice senza mai avere un riciclo con aria proveniente da altre zone se non appunto durante la primavera australe quando questo vortice viene "a rompersi".
Il problema antropico è dato dal fatto che certe sostanze immesse nell'ambiente hanno la capacità di diminuire la percentuale di ozono presente. In particolare le sostanze come i clorofluorocarburi (CFC) sono i più pericolosi perchè elementi stabili e poco reattivi e anche se non sono tossici hanno la capacità di arrivare in alte quote dell'atmosfera e qui grazie ai raggi UV liberare la molecola di cloro che depaupera la quantità di O3 sottraendo un atomo di ossigeno per poi cederlo ad un altro atomo di O...ogni atomo di Cl può ripetere questa operazione 30000-40000 volte. Quindi anche in piccole dosi i CFC creano grossissimi problemi.
Il problema clorofluorocarburi viene preso in grande considerazione a livello mondiale e nel 1988 viene ratificato il protocollo di Montreal che obbliga tutti i Paesi ratificanti (34 comprendenti i maggiori Paesi industrializzati) a ridurre entro il 1998 il 50% dell'ultilizzo di questi elementi e il loro completo inutilizzo entro il 2000.
In prima fila si schierarono gli Stati Uniti anche perchè già pronti con sostanze alternative e di pari efficacia mentre l'Europa rimane più timorosa verso tagli così netti perchè non così pronta.
Chiaramente il problema principale risultano i Paesi non ratificanti il protocollo che continuano a produrre ed utilizzare queste tipologie di prodotti.
E' anche vero che è difficile convincere certi Paesi a non utilizzare i CFC perchè inquinano dopo che gli Stati industrializzati li hanno utilizzati e hanno inquinanto fino a prima della decisione presa a Montreal.
Questo problema si ripresenterà anche con i gas serra e il Protocollo di Kyoto.
Negli ultimi giorni è apparsa la notizia dell'allarme ozono anche su l'Artico a causa di una massa d'aria molto fredda che, esattamente come nella situazione dell'opposto emisfero, presenta un vortice (insolitamente più forte del normale) che ne impedisce gli scambi d'aria con l'equatore. Questa massa d'aria fredda colpita  dalle radiazioni solari ha rilasciato Cl (che come abbiamo visto è l'elemneto più aggressivo per l'ozono) e bromo dai CFC.
La diminuizione dello strato ozonico in queste condizioni è stata stimata a circa il 40% tra l'inizio dell'inverno e la fine di marzo. Attualmente questo "buco" arriva a lambire il nord Europa ma se dovesse espandersi ulteriormente porterebbe gravissimi problemi anche con l'avvicinarsi della bella stagione.
Nell'immediato i risultati che dovrebbe portare la scelta del protocollo di Montreal di eliminare i clorofluorocarburi non può avere vantaggi visto che i CFC hanno tempi di decadimento in stratosfera anche di oltre 100 anni. Questi segnali dovrebbero essere visti come avvertimenti e cercare di convincere i Paesi non ratificatori a smettere di utilizzare certe sostanze sotto la concessione di altre facilitazioni sarebbe un passo molto più significativo per tutti e FORSE DOVUTO al nostro pianeta.

martedì 5 aprile 2011

il riscaldamento globale


Un altro argomento controverso è quello del riscaldamento globale. Come succede in molti casi anche qui il mondo scientifico si divide e ci si interroga se effettivamente le opere e le azioni umane siano colpevoli dell'innalzamento delle temperature della Terra.
Lo scandalo era uscito soprattutto nel momento in cui lo scienziato americano Phil Jones elaborò dei dati evidenziando un aumento della temperatura globale dal 1995.
Questi dati furono da subito utilizzati da sprono per cercare soluzioni soprattutto verso l'aumento dell'effetto serra che era indicato come la principale causa di questo innalzamento e di conseguenza si puntò il dito verso la CO2 equivalente (vedi post sull'anidride carbonica).
Dopo alcuni mesi fu lo stesso Phil Jones a fare marcia indietro dopo la richiesta di pubblicare i dati per confermare la sua tesi.
Jones dirà che i dati non sono così buoni e che l'archiviazione degli stessi è stata fatta in maniera molto approssimativa e quindi da qui l'impossibilità di pubblicarli.
Inoltre Jones ammetterà che nel medioevo ci furono periodi più caldi dell'attuale e che l'azione antropica in quel caso non centrasse nulla. 
Dire se Phil Jones sia un disonesto o sia stato "forzato" a fare dietrofront è impossibile (almeno per me) e quindi non rimane che provare a fare delle valutazioni senza dati che possano fare da riscontro.
Per i climatologi affinchè si possa parlare di cambiamento climatico in una determinata regione si deve prendere in considerazione almeno un range di tempo di 30 anni.
Io sarei molto scettico su questo fattore di tempo...se questo fattore fino a qualche decennio fa poteva andare bene, attualmente io mi permetterei di prendere in considerazione anche periodi di tempo più brevi per definire dei cambiamenti climatici.
Se prendiamo in considerazione la situazione italiana possiamo evidenziare che oramai situazioni record si susseguono (temperature massime e minime, mm di pioggia, nevicate, grandinate, ecc.) creando enormi problemi.
Possiamo ricordare:
Record di questo tipo però vengono ad essere registrati in tutto il Mondo e cosa che tengo a ribadire con una continuità e velocità pericolosa.
Se non ci si mette in testa che ogni azione atta a limitare le emissioni in ambiente di qualsiasi tipo di sostanza più o meno inquinante può essere solo un vantaggio per tutti non si potranno contenere i danni.
Immetere sostanze nell'aria, in acqua o nel terreno va a discapito di tutti e queste azioni devono venire "colpite" da tassazioni.
Chiaramente i soldi così ottenuti devono essere indirizzati al solo scopo di permettere la creazioni di mezzi e sistemi atti a limitare se non azzerare le emissioni.

sabato 2 aprile 2011

l'anidride carbonica


La scelta della mia tesi è stata dura...non riuscivo a trovare un argomento che mi piacesse e che andasse bene anche al prof. Alla fine la scelta è ricaduta su "il sistema di Emission Trading in Europa: analisi dei prezzi e delle dinamiche e delle quote di emissione".
Il mio primo dubbio durante la stesura è stato chiarirmi se la CO2 è effettivamente un problema per l'ambiente.
Prima di tutto c'è da far notare che anche se si parla di anidride carbonica ci si riferisce alla CO2 equivalente e quindi si fa riferimento anche ad altre sostanze quali:
    • I clorofluorocarburi (CFC): gli unici gas ad effetto serra che non esistono in natura ma vengono prodotti dall’uomo a fini industriali. Hanno la capacità di essere molto resistenti e venire degradati nella stratosfera dai raggi ultravioletti, rilasciando atomi di cloro che alterano lo strato di ozono.
    • Il metano (CH4): per ordine di importanza è al secondo posto quanto a effetto serra. In natura viene creato da esseri viventi, che in condizioni di anaerobiosi degradano le materie organiche, e dall’uomo attraverso attività minerarie, discariche e sfruttamento dei combustibili fossili.
    • L’ossido di azoto (NxO): viene emesso naturalmente da oceani, foreste pluviali e da certi batteri. Viene anche rilasciato da certe attività umane come ad esempio la combustione dei combustibili fossili, la distribuzione di fertilizzanti a base di nitrati, la produzione da parte di aziende chimiche di certi prodotti con base azotata. Il biossido di azoto è dannoso soprattutto perché è l’intermedio a una serie di inquinanti quali ozono, acido nitrico, acido nitroso, ecc.
    • L’ozono (O3): nella stratosfera si trova la quantità maggiore di questo gas che ha la facoltà di bloccare i raggi ultravioletti derivanti dal Sole. La restante parte si trova nella troposfera, dove è uno dei più pericolosi componenti del cosiddetto “smog fotochimico”.
    • Il vapore acqueo (H2O): è il principale elemento causante l’effetto serra. Il vapore acqueo contenuto nell’aria fa parte del sistema chiuso di circolazione dell’acqua. A causa dell'aumento della temperatura di cui l'uomo è responsabile, si verifica un maggiore assorbimento di vapore acqueo e quindi l’innalzamento delle acque. 
    • L’esafluoruro di zolfo (SF6): è un gas inerte poco solubile in acqua ma con un’alta densità. Viene utilizzato come mezzo di isolamento per impianti ad alta tensione. 
    Ognuna di queste sostanze attraverso il coefficiente chiamato Global Warming Potential (GWP) che rappresenta il riscaldamento termico provocato in un certo periodo di tempo (solitamente si considera 100 anni) da una sostanza e quello provocato nel medesimo periodo di tempo dall'anidride carbonica, viene così ad essere ottenuto:

    Gas serra
    GWP100
    CO2
    1
    CH4
    21
    N2O
    310
    CF4
    6500
    SF6
    23900
                                                                                                                  




      fonte: US EPA, 1997


    Tornando al quesito iniziale, dopo aver fatto questa doverosa premessa, io credo che la CO2 sia sì un elemento naturale che da sempre ha avuto notevoli variazioni ma è anche vero che da una concentrazione di 290 ppm del 1880 si è arrivati a 370 ppm e questo soprattutto negli ultimi decenni con l'utilizzo delle energie fossili. Qui il mondo scientifico si divide visto i numeri si possono interpretare vedendo la percentuale di anidride carbonica che passa da 0,3% a 0,4% (valori arrotondati) insignificante e quelli che considerano un aumento di circa il 25% una quota esageratamente alta.
    Io credo che tutte le iniziative atte a limitare le azioni antropiche e a far pagare per l'utilizzo delle risorse ambientali siano tutte positive.
    Il lavoro dell'Unione Europea in riferimento alla CO2 è stato notevole ed è da apprezzarne la volontà di accellerare l'attuazione del Protocollo di Kyoto anche se ci sono ancora alcuni punti da sistemare e gravi "scappatoie" per le industrie e imprese.
    Di questo argomento ne parlerò prossimamente.


    introduzione


    La prima domanda che appare spontanea farsi è: ma l'uomo ha il diritto di utilizzare l'ambiente a sua discrezione? E' chiaro che qui si rientra in un discorso etico per il quale trovare una risposta è difficile e credo che ognuno di noi debba farsi un proprio esame di coscienza per il modo con il quale nel suo piccolo sfrutta e utilizza le risorse...
    Quindi tralasciando il discorso etico è interessante valutare anche l'utilizzo che stiamo facendo, i modi di utilizzo e le legislazioni esistenti dell'ambiente.
    Chiaramente, il primo problema che viene a sollevarsi è quello dell'inquinamento creato dalla produzione e dall'utilizzo dell'energia soprattutto fossile.
    Attualmente è molto in voga anche l'argomento nucleare a causa degli attuali avvenimenti in Giappone e del referendum che ci apprestiamo a fare.
    Come è facile evidenziare tutto questo argomento è fondamentalmente basato su scelte politiche visto che le cifre di denaro che circolano attorno all'energia sono enormi e spesso (se non sempre...) queste scelte vengono pilotate "dall'economia" più che da un miglioramento della qualità della vita e del rispetto di quello che il Mondo ci offre.